Israel-PremierTech, Chris Froome: “Le bici da crono non sono sicure, sarebbe meglio vietarle anche in gara. Lo sterrato nelle corse a tappe è un grosso rischio”

Chris Froome dice la sua sullo sterrato e sulle bici da crono. Dopo le polemiche nate dal finale della terza tappa della Volta a la Comunitat Valenciana, che non era piaciuto a Remco Evenepoel (sia prima che dopo averla corsa) e a Matteo Trentin, anche il corridore della Israel-PremierTech ha parlato dei percorsi gravel, definendoli un forte rischio per gli uomini di classifica. In termini di sicurezza, però, il quattro volte vincitore del Tour ha parlato in maniera ancora più approfondita delle bici da crono (come aveva già fatto anche Tom Pidcock), arrivando a ipotizzare che forse sarebbe il caso di bandirle del tutto, creando così anche un maggiore equilibrio tra i team.

“Amo le crono – ha voluto subito chiarire nel suo vlog – È un’arte, un’abilità, qualcosa di cui deve sapere molto in quanto ciclista professionista. Una delle cose magiche dei GT è l’equilibrio tra puri scalatori e corridori che sanno andare forte a crono. Ma dopo essere uscito con la bici da crono stamattina, e alla luce dei recenti eventi (l’incidente di Egan Bernal – ndr), le bici da crono non sono fatte per correre su strada nel modo in cui ci serve per prepararci alle crono. Se c’è una crono di un’ora al Tour, devi simulare quella. Ma quante strade ci sono in cui è possibile correre per un’ora in condizioni di strada chiusa, senza traffico, senza stop, senza semafori? Sono condizioni che non esistono nel mondo reale. Una cosa è correre con le strade chiuse, e anche lì possono esserci incidenti orribili, ma è tutt’altra cosa correre con la strada aperta, il traffico e la gente che attraversa la strada”.

L’ex team Sky ha poi spiegato che vietare quel tipo di bici anche in corsa, garantirebbe maggiore equilibrio dal punto di vista sportivo: “Non sarebbe più uniforme fare le crono con le bici da strada? Senza dubbio, e io credo che renderebbe la situazione più equilibrata, in cui sarebbe più decisiva l’abilità dei singoli corridori e non l’aerodinamica, il tempo passato nella galleria del vento e i finanziamento che vanno a un progetto come prepararsi per le crono. Personalmente, trovo ironico che l’UCI abbia introdotto regole per rendere lo sport più sicuro, come limitare le posizioni che possiamo usare in bici, mentre a mio avviso, una cosa del genere sarebbe abbastanza semplice da implementare e avrebbe un impatto molto più grande sulla sicurezza dei ciclisti”.

Il classe ’85 ha poi chiuso con la sua opinione sullo sterrato: “È una questione spinosa, perché dà maggiore entusiasmo alla gara, ma è anche un grosso rischio. Prepararsi per una corsa a tappe richiede mesi di preparazione, non solo del capitano, ma anche di tutta la squadra intorno a lui, l’intero staff, gli investimenti, le risorse e tutto potrebbe essere letteralmente per nulla. Magari in un settore di pavé o di sterrato, un tocco di ruote, una lotta per una posizione e, bang, corsa finita. Capisco l’entusiasmo, ma è davvero come lanciare un dado in termini di rischio/ricompensa per gli uomini di classifica. Va bene nelle corse di un giorno, ma sarebbe un peccato perdere per questo degli uomini di classifica, lascerebbe meno entusiasmo al resto della corsa”.

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